“La cultura unisce il mondo”. A quattro euro l’ora.

Quattro euro e ottanta centesimi l’ora per i lavoratori (ovviamente esternalizzati) che hanno accolto i grandi del G20 il 30 e il 31 luglio. Sette euro l’ora per gli operatori (esternalizzati) del Colosseo. [1] Si è concluso, infatti, il 30 luglio il #G20dellaCultura a Roma (reso poi permanente), che ha visto approvati all’unanimità i 32 punti che vanno a comporre la Dichiarazione di Roma da parte dei Ministri della Cultura (dal cambiamento climatico alla tutela del patrimonio, dalla transizione tecnologica e digitale alla formazione). Partecipi anche Mario Draghi e numerose organizzazioni internazionali, tra cui UNESCO, ICOM, OECD, etc. [2].

Il 29 luglio si erano radunati a Largo Gaetana Agnesi i lavoratori della cultura, autonomi o provenienti dalle più varie realtà e associazioni, da Art Workers Italia a Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali (che insieme al sindacato USB è stata l’organizzatrice della manifestazione), per poi riunirsi in assemblea a Colle Oppio, a pochi passi dal Colosseo, l’arena che ha ospitato il Big Event [3]. Un grande evento, in due grandi location. Perché così mi viene da chiamare il Colosseo e Palazzo Barberini in questi casi, svuotati completamente del loro significato storico e culturale.

Bene, direi che è lecito chiedersi se tra i punti o quanto meno nelle discussioni interne all’incontro, si sia parlato del drammatico problema del lavoro e della disoccupazione che impera ormai all’interno del mondo culturale, tra le professioni storico-artistiche e delle belle arti. Ebbene, a parte sporadici slogan e ringraziamenti, di cui vi lascio immaginare il trasporto emotivo, il lavoro ha smesso di esistere per questi due giorni. Non è stato presto in considerazione come nucleo centrale di tutta la macchina delle industrie creative, come punto di partenza del dibattito culturale. Nessun piano programmatico preciso vi è stato dedicato. Perché non deve stupirci tutto questo? Sono anni che Dario Franceschini, ormai padrone indiscusso del Ministero, porta avanti una politica ferocemente neoliberale, fatta di esternalizzazioni, privatizzazioni, zero investimenti su una (vera) formazione capillare né tantomeno su assunzioni e regolarizzazioni (eppure l’Italia è il paese in cui musei e biblioteche continuano a chiudere per carenza di personale). Al posto di tutto ciò, una gigantesca brandizzazione del made in Italy, ormai mantra intoccabile da esportazione. Uno slogan propagandistico vuoto, che ignora completamente il lavoro delle migliaia di persone che contribuiscono a formarlo. “L’Italia – dice il Ministro – è tornata ad essere il Paese con maggior siti Unesco proprio in questi giorni ed è bello che questo primato sia stato festeggiato in concomitanza con la prima riunione della ministeriale della Cultura del G20″. Primati, record, tutto qui. Dove è finita la cultura quale risorsa sociale e politica? E’ questo il massimo a cui può aspirare il dibattito culturale in Italia? La risposta, ad oggi, è tristemente sì. (sorvolo su frasi come “Fatichiamo talvolta a mostrare le bellezze italiche” di Draghi, presente ovviamente al G20 [4]).

Non si può, per esempio, parlare di tutela del patrimonio – uno dei temi principali del G20 – soltanto in termini di traffico illecito e di calamità naturali. Ricordiamocene anche quando si concedono prestiti internazionali per intessere mere relazioni diplomatiche o per far sfilare qualche marchio di alta moda che utilizza – come avete fatto voi due giorni fa – i beni culturali immobili come set pubblicitari. Quando si decide di accentrare il potere su alcune tra le collezioni più storicamente rilevanti, nelle mani di una manciata di direttori museali [5] che le utilizzano a loro piacimento. Dimenticandosi che la cultura è partecipazione e deve necessariamente partire da chi ne fruisce, dai pubblici, dalle comunità, dai territori, e non a prescindere da questi. Ricordiamoci della tutela anche quando le soprintendenze vengono cancellate in un solo colpo, quando i professionisti vengono considerati tecnici che non fanno fare nulla. “Ho imparato che se uno ascolta troppo gli esperti non fa niente”, è stata la perla di Mario Draghi mentre confidava la sua sofferenza nell’aspettare un restauro archeologico dell’arena al ministro. “Tranquillo, sarà tutto finito prima delle elezioni del 2023” lo ha rassicurato Franceschini [6]). Il contributo di Draghi, come d’altronde ci aspettavamo, è stato unicamente quello di parlare di quanto pesi il turismo sul PIL italiano (area che, tra l’altro, è stata rimossa dalle attuali funzioni del Ministero, che ora prende il nome di MIC, Ministero della Cultura), ricordandoci dei 6 miliardi e mezzo del PNRR. Peccato che tali fondi siano destinati alle seguenti aree: valorizzazione, digitalizzazione, potenziamento del settore cinematografico, restauro e sviluppo di 14 attrattori culturali) [7]. Strutturali investimenti nell’occupazione e nella regolarizzazione del lavoro culturale non pervenuti.

Non è stata la pandemia e la conseguente chiusura dei luoghi della cultura a rendere “le nostre città tristi”. E’ un’affermazione molto comoda ma veramente poco intelligente. E’ stata la ormai decennale svalutazione di questo settore e delle personalità che lavorano e, prima ancora, si formano al suo interno. Sono stati non solo i costanti tagli, ma la complicità di Ministri della Cultura che hanno visto nel patrimonio merci da vendere, spazi da concedere, brand da esportare, e nel lavoro e nei salari un costo da potersi evitare. Il lavoro NON è stato tra i temi fondanti del G20, come aveva preannunciato nei giorni scorsi Franceschini. Parlare di lavoro culturale nell’ottica del “recupero post-pandemia” (come appare nella Dichiarazione) non porta proprio da nessuna parte. E noi continueremo a farci sentire fino a quando qualcosa non smuoverà i vostri palazzoni!“I Migliori non hanno bisogno di dati, numeri, storia, conoscenza. Sono Migliori per diritto di nascita: figli di papà, per l’appunto. Cioè razza padrona, oligarchia per predestinazione sociale, dominatori per censo, decisori per investitura secolare. È un ritorno in piena regola all’antico regime: alla sempre attuale filosofia del marchese del Grillo.” Tomaso Montanari [8]

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[1] https://emergenzacultura.org/…/g20-i-grandi-sono…/

[2] https://www.youtube.com/watch?v=kLAYDEzKdfI).

[3] https://emergenzacultura.org/…/i-lavoratori-e-le…/

[4] https://www.ansa.it/…/approvata-la-dichiarazione-di…

[5] https://www.finestresullarte.info/…/storia-breve-di-due…

[6] https://www.finestresullarte.info/…/colosseo-draghi…

[7] https://www.governo.it/…/governo.it/files/PNRR_CULTURA.pdf

[8] https://emergenzacultura.org/…/ai-migliori-la-storia-e…/

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